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| Ieri notte ho visto, per scuola, "El Sicario, Room 164". Tratto da un reportage di Charles Bowden, anche co-produttore del film, "El Sicario, Room 164" è un Film del reale diretto, fotografato e prodotto da Gianfranco Rosi. In un'ottantina di minuti il documentario si limita a riprendere un ex-sicario del Cartello messicano mentre, con il volto coperto da un velo nero (come nero è l'intero abbigliamento indossato, lasciando scoperte soltanto le mani), confessa la sua vita al servizio dell'organizzazione criminale a partire dalla più giovane età. Oltre a mettere in luce particolari inquietanti del controllo anche politico che i cartelli della droga esercitano sul territorio messicano e oltre, sottolineando in particolare la collaborazione delle forze di polizia (in cui il protagonista era infiltrato), nel film l'intervistato mette in scena anche il proprio doloroso percorso, accompagnando il suo discorso a schizzi imbrattati su un taccuino e a rievocazioni fisiche dei suoi lavori, esplodendo nel finale con la reinterpretazione della sua conversione. Un'opera molto interessante e intensa nel suo minimalismo espressivo: da rivedere sicuramente!
Ieri (perché è passata mezzanotte ormai) mattina, in treno ho visto, sempre per scuola, "Un'Ora Sola Ti Vorrei". Diretto, prodotto e narrato da Alina Marazzi, "Un'Ora Sola Ti Vorrei" affronta la biografia travagliata di Luisa Hoepli, madre della cineasta, riprendendone i diari, le lettere e i filmati famigliari, con l'aggiunta sul finale di referti medici: il Film vince il premio per il migliore documentario al Torino Film Festival del 2003. Siamo di fronte a un'Opera profondamente intima, un'indagine dolente e sentita nel Mistero della figura materna, della sua depressione, il tutto messo in scena (montato) in modo tale da evitare un freddo approccio giornalistico, facendo così emergere una carica emotiva estremamente sfaccettata, grazie anche a ripetizioni, in particolare del nastro in cui Luisa Hoepli, di ritorno dalla Svizzera, inizia a cantare la canzone che dà il titolo al film. Un film relativamente breve (meno di un'ora) ma capace di entrare nei sentimenti di chi guarda, smuovendo (almeno nel mio caso) anche processi di immedesimazione: un Gioiellino che intendo assolutamente rivedere.
Visto a scuola, con l'insegnante di Cinema del Reale, "Kyanq". Cortometraggio del 1994 di Artavazd Peleshyan, "Kyanq" (Life) mostra una scena (o più?) di parto. Il formato è ascrivibile al documentario, ma l'approccio è decisamente lontano dal didascalismo para-scolastico dei documentari televisivi: Peleshyan con scelte estetiche precise, dalla sovraesposizione al brano del Requiem di Verdi, dà un tono poeticamente spirituale al materiale raccolto, suggestionando e muovendo emotivamente l'individuo spettatore. Un altro Gioiellino di Cinema del Reale che rivedrei molto volentieri!
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