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Le porte del silenzio, di Lucio Fulci, Recensione

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view post Posted on 1/9/2022, 18:45     +1   -1
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Aceto Balsamico™ LS
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Le porte del silenzio è un film del 1991, diretto da Lucio Fulci. È l'ultimo film di Lucio Fulci. Prodotto da Joe D'Amato e interpretato dall'attore statunitense John Savage, è stato girato in Louisiana. Il film è tratto da un racconto del regista, intitolato Porte dal nulla (pubblicato nell'antologia Le lune nere). La parte della "Morte" fu interpretata dalla moglie di John Savage, l'attrice afroamericana Sandi Schultz.

La storia ruota intorno alla figura di Melvin Devereux che sta rientrando a casa in automobile dopo essere stato al funerale del padre. Durante il tragitto la sua attenzione viene attirata da un carro funebre, che lo sorpassa e rallenta senza farsi più superare. Il protagonista tenta più volte di sorpassarlo, ma l’autista si fa beffe di lui, rallentando e accelerando all’improvviso. Il ritorno a casa di Melvin continuerà tra strani incontri e presagi di morte fino ad una scoperta inquietante che sovvertirà qualsiasi piano logico e temporale.

Novanta minuti di inseguimenti tra una macchina e un carro funebre metterebbero a dura prova chiunque, ma se il regista si chiama Lucio Fulci potete tirare un sospiro di sollievo: si può fare. Il sipario sulla filmografia del poeta del macabro cala nel modo più inaspettato: senza che venga versata una goccia di sangue. Insolito per un suo film, ma non per questo meno personale. Al contrario, Le Porte del Silenzio è una riflessione sul tema della morte che negli ultimi anni di vita lo ha accompagnato giorno dopo giorno a causa della sua malattia e per questo il risultato è un viaggio autoriale sospeso tra vita e morte che indaga nelle profondità dell’animo umano attraverso avvicendamenti in cui spesso occorre leggere tra le righe.

Siamo lontanissimi dagli zombi, dal gore esasperato e dai serial killer spietati, ma lo stile di Fulci è intatto. La regia è infatti molto valida, soprattutto, durante le scene degli inseguimenti (che sono tanti, pure troppi) dove i primi piani sull’acceleratore, sulle ruote anteriori e le riprese frontali sul protagonista donano comunque un certo dinamismo al film. Il fatto che questi momenti siano persino ridondanti, comunque, rimarca l’idea dell’impossibilità di fuggire da un destino che prima o poi abbraccia tutti e in un certo senso accentua il senso di disagio. Peccato solo che si intuisca un po’ troppo in fretta che il vagabondaggio di Melvin si tratti in realtà di viaggio verso aldilà.

Il racconto di Fulci probabilmente si sarebbe prestato meglio ad un cortometraggio alla Creepshow, per intenderci, ma la necessità espressiva di Fulci in quel momento era ancora fortissima e si vede nei numerosi espedienti presentati. Meraviglioso, ad esempio, l’incontro e confronto con Sandi Schultz, in quel momento per Melvin una semplice sconosciuta che poi si rivelerà essere “la morte”. Quando il protagonista ha un guasto alla macchina, viene avvicinato dalla ragazza e mentre il meccanico risolve il problema questa lo seduce in un motel. Lui dice di essere innamorato e sposato, lei risponde “ti voglio e ti avrò”. Poche parole per convincerlo, ma quando lui torna dal bagno dove era andato a spogliarsi, lei è già congedata lasciandogli solo un messaggio che recita: “non è ancora il momento”, dandogli appuntamento in un altro luogo. E lui, inconsapevole di cosa abbia il serbo il destino, si dirige proprio in quel posto. Proprio come fa la vita con la morte.

Ma in generale è tutta l’opera a ruotare attorno alla morte, dal primo all’ultimo fotogramma. Anche il tanto discusso incontro con la prostituta, che sembra inserito un po’ a casaccio per allungare il brodo ma che invece svela un altro indizio importante sulla verità di Melvin, che di fatto è già morto e pertanto non riesce ad avere un’erezione. Certo, poi ci sono anche delle scene ripetitive e meno funzionali alla trama, ma come al solito ritengo che la critica con questo film ci sia andata giù troppo pesante. Le Porte del Silenzio rispecchia perfettamente lo stato d’animo del regista stesso: da un lato ancora brillante, dall’altro un po’ stanco e vissuto. Ci sono altri messaggi che probabilmente passano in secondo piano ma che vale la pena portare all’attenzione del lettore: Melvin è un uomo benestante, ma quando chiede a Sandi cosa voglia da lui, questa gli risponde che i soldi non le interessano e che vuole solo lui. Tradotto: siamo tutti uguali di fronte alla morte.

La fotografia di Ferrando non è malvagia e il fatto che John Savage sia fuori forma lo rende più compatibile con la personalità di Melvin, un personaggio a tratti viscido e un po’ egoista. Belle le musiche jazz. L’atmosfera surreale, comunque, si sorregge su alcuni momenti evidentemente più riusciti di altri: su tutti, quello dove Melvin raggiunge la camera mortuaria per svelare l’identità del corpo trasportato dal carro funebre e su tutte le bare c’è il suo nome ma con cadaveri diversi all’interno, e quello immediatamente successivo che lo vede fuggire dal Carlson Mortuary con la scena che si ripete più volte finché non sente la voce della prostituta che interrompe il suo loop mentale.

Nel finale tutto si confonde, tra Melvin che scoperchia la bara con all’interno il suo cadavere e viene arrestato e condannato a pagare un’ingente somma di denaro per il gesto, la parente Martha che gli prevede il futuro leggendo sulla mano che dovrebbe essere già morto e la madre dello sventurato protagonista che gli fa sapere di essere in procinto di andare al suo funerale. Il film sembra sul punto di distaccarsi completamente dalla realtà, prima di ripiombare sulla terra con l’epilogo più naturale di tutti: la morte.

Ne viene fuori un buon risultato tecnico-artistico, con qualche limite e difetto (qualche scena per allungare il brodo c’è) ma che regge e soprattutto a posteriori diventa il testamento artistico di Fulci, un po’ appannato ma ancora lucido. (★★★½)

Edited by aceto balsamico - 2/9/2022, 09:27
 
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